Querela: funzione ed effetti sul procedimento penale

LA QUERELA

È un atto con cui la persona offesa dal reato manifesta la volontà che si persegua penalmente un “reato per cui non debba procedersi d’ufficio o dietro richiesta o istanza ha diritto di querela” (art. 120 c.p.).

Si compone essenzialmente di due elementi: la notizia di reato e la manifestazione di volontà che si proceda penalmente in ordine al medesimo nei confronti del responsabile.

In questo senso si differenzia dalla denuncia che, pur contenendo la notizia di un reato, può essere presentata da chiunque e non deve necessariamente contenere una manifestazione di volontà.

IL TERMINE

Ai sensi dell’art. 124 c.p. il termine ordinario per proporre la querela è di 3 mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto contezza del fatto che costituisce reato.

Tuttavia, esistono dei reati per cui il termine è diverso e più lungo: due esempi classici sono:

  • il reato di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), il cui termine per proporre querela è di 12 mesi (art. 609 septies c.p.), fatte salve le ipotesi specifiche di procedibilità d’ufficio;
  • il reato di stalking (art. 612 bis c.p.), per il quale è previsto il termine di 6 mesi per proporre querela, fatte salve anche in questo caso specifiche ipotesi di procedibilità d’ufficio.

DECORRENZA DEL TERMINE

Ai fini della determinazione del giorno di decorrenza del termine per proporre querela devono essere tenuti in considerazione due aspetti:

  1. il momento a partire dal quale decorre il termine di 3 mesi (e non 90 giorni, come spesso viene erroneamente confuso) o il diverso termine stabilito dalla Legge;
  2. la conoscenza del fatto che costituisce reato.

1) IL MOMENTO DI DECORRENZA
Il termine per proporre querela decorre dal giorno stesso in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto costituente reato.

Pertanto, nel conteggiare il termine è fondamentale conteggiare anche il giorno stesso di conoscenza del fatto diversamente da quanto accade per il calcolo del termine di scadenza degli atti processuali ed, in particolare, degli atti di impugnazione, per i quali non deve essere considerato il giorno di perfezionamento dell’atto che deve essere impugnato.

2) LA CONOSCENZA DEL FATTO
Nel determinare la decorrenza del termine per proporre querela è fondamentale precisare che il giorno a cui fare riferimento non è quello di accadimento del fatto, ma quello in cui la persona offesa acquisisce piena ed effettiva conoscenza del fatto costituente reato.

In tale senso viene interpretato dalla giurisprudenza quanto previsto dall’art. 124 c.p., ai sensi del quale “salvo che la legge disponga altrimenti, il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato“.

In particolare, secondo la giurisprudenza di legittimità “il termine per proporre querela comincia a decorrere dalla data di piena cognizione dei fatti da parte dell’interessato. Ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della querela, occorre che la persona offesa abbia avuto conoscenza precisa, certa e diretta del fatto in modo da essere in possesso di tutti gli elementi di valutazione necessari per determinarsi. In ogni caso, l’onere della prova dell’intempestività della proposizione della querela incombe su chi la allega e, a tale fine, non è sufficiente affidarsi a semplici presunzioni o supposizioni, ma deve essere fornita una prova contraria rigorosa” (Cassazione penale, sez. II, 31/05/2016, n. 43095).

Per rendere chiaro il concetto sopra espresso può essere utile un esempio relativo al reato di truffa: come già esposto in altra pagina, il reato di truffa si configura quando mediante attività simulatoria (artifizi) o ingannatoria (raggiri) un soggetto induce un modo fraudolento la persona offesa a compiere un atto di disposizione patrimoniale da cui consegue da un lato un impoverimento della stessa (danno ingiusto) e dall’altro un vantaggio in favore altrui (arricchimento).

Spesso però accade che la persona offesa non si renda subito conto di essere stata truffata nell’immediatezza, ma ne prende contezza dopo tempo, a volte anche mesi.

Ebbene, in questi casi il termine per proporre la querela decorre dal giorno in cui la persona offesa comprende in modo pieno ed effettivo della truffa subita.

Proprio per l’incertezza che si può creare in tali situazioni è sempre decisivo che nell’atto di querela vengano descritti in modo puntuale tutti gli aspetti del fatto al fine di evitare eccezioni difensive che possono trovare fondamento in punti poco chiari di quanto narrato.

RINUNCIA

La persona offesa dal reato non solo non è obbligata a proporre querela, ma può anche rinunciarvi prima di averla proposta.

La rinuncia è un atto irrevocabile e non condizionabile con cui la persona offesa dal reato manifesta la volontà che non si proceda penalmente per un reato subito.

La rinuncia alla querela può essere espressa o tacita e può essere effettuata solo dopo che la persona offesa ha subito il reato; prima della commissione del fatto costituente reato non esiste alcun diritto di querela e, pertanto, non è possibile rinunciare ad un diritto non ancora sorto.

REMISSIONE DI QUERELA

Di regola una volta aver proposto querela la persona offesa può rimetterla, manifestando la volontà che non si proceda più penalmente per il reato subito.

Al fine di dare effettività alla remissione l’indagato/imputato deve accettarla; senza accettazione espressa o tacita la remissione non può avere effetto.

La remissione della querela e la relativa accettazione producono i seguenti effetti:

  • sotto il profilo sostanziale il reato si estingue e, pertanto, viene giuridicamente meno;
  • sotto il profilo processuale l’azione penale non può più essere esercitata, qualora il procedimento sia ancora nella fase delle indagini preliminari. Nel caso, invece, in cui l’azione penale sia già stata esercitata non può più essere proseguita con la conseguenza che il Giudice deve emettere ai sensi dell’art. 531 c.p.p. sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato.

Esistono, tuttavia, reati (ad esempio in materia sessuale) per i quali la remissione non produce effetto, in quanto la Legge prevede espressamente che per essi la remissione di querela non produce effetti, essendo la querela proposta irrevocabile.

Pertanto, per tali reati l’azione penale non può essere condizionata alla volontà della persona offesa di non procedersi più per un fatto costituente reato successivamente alla querela proposta.

LA PROCEDIBILITA’ DELL’AZIONE PENALE

In linea generale i reati sono procedibili d’ufficio; tuttavia, per determinate fattispecie di reato la Legge subordina l’esercizio o la prosecuzione dell’azione penale a determinate condizioni.

In tal senso si esprime l’art. 50 comma c.p.p., ai sensi del quale “quando non è necessaria la querela, la richiesta, l’istanza o l’autorizzazione a procedere, l’azione penale è esercitata di ufficio“.

Le condizioni di procedibilità sono atti, ai quali la Legge subordina l’esercizio della azione penale e, qualora l’azione penale sia stata comunque erroneamente esercitata, il Giudice deve dichiararne l’improcedibilità, non potendo più decidere in merito al fatto contestato nel capo di imputazione.